domenica 1 novembre 2015

Una piccola storia tra il bene e il male: "Varde" di Hanne Larsen

Varde: Google vi dirà che è un comune danese sui ventimila abitanti, un'agenzia di consulenze per investimenti con sede nel Minnesota e soprattutto una serie dell'Ikea fatta di moduli indipendenti per una cucina facile da rinnovare.
Per vie traverse e in modo totalmente casuale, ho scoperto che Varde è anche il titolo di un cortometraggio norvegese cupo e veridico, dai toni vocativi e quasi interrogativi. Una buona sinossi che ricavo dal sito dove si può vederlo in streaming conclude affermando che Varde porta a riflettere sul significato dell'amicizia. Io credo che questo corto si spinga ancora oltre, fino a interrogare l'anima più intima dell'uomo, dove si radica la scelta tra il bene e il male, insieme alla consapevolezza di compiere l'uno o l'altro.
Johan, il piccolo protagonista, è un bambino né buono né cattivo, o meglio entrambe le cose. È amico di Stig, un bambino apparentemente più piccolo, chiaramente lo sfigato della scuola: indifeso, dimesso e remissivo. Durante l'ora di educazione fisica, la ripartizione dei bambini in due squadre chiarisce subito il suo ruolo nella gerarchia:

- Potete prendere Stig.
- Non lo vogliamo.

Questo è il laconico scambio di battute tra i capitani. Alla fine, il piccolo Stig viene appioppato alla squadra di Johan, perché (questa la motivazione) Johan è suo amico, evidentemente l'unico. Uno dei bulli della classe, ragazzino più alto e belloccio, attacca Stig con una pallonata in faccia. Il professore rientra e vedendo il sangue di Stig chiede chi lo abbia colpito. A intervenire è Johan, e la scelta tra bene e male è già compiuta: è stato un incidente, non si sa chi sia stato, stavamo giocando. Stig ingoia l'intervento omertoso senza serbare rancore, come se in amicizia tutto fosse permesso e perdonabile.
All'uscita Johan viene avvicinato dai due bulli, la cui amicizia brama anche al costo di rinnegare l'amico impopolare, di cui prova vergogna: loro si congratulano con lui per non aver fatto la spia, lui di rimando nega di essere davvero amico di Stig. Johan viene coinvolto da due nei loro giochi, ma raggela all'avvicinarsi di Stig. Quest'ultimo spiega a Johan
che sta organizzando la propria festa di compleanno, ma avendo poco spazio in casa è costretto a invitare solo i suoi migliori amici: «Tu ed Elin della 5B».
Johan sente su di sé gli occhi dei due nuovi amici, che gli costano molto ma il cui prezzo decide di sostenere, immolando il devoto ed innocente Stig: andrà al suo compleanno, ma a patto che si cali in una botola. Nonostante il timore e il freddo, Stig accoglie la sfida senza tentennare e senza immaginarne l'esito.
Tutto questo accade nei primi tre minuti e mezzo: la tragedia è già compiuta, e il resto del corto mostra l'aspra lotta di Johan con se stesso, il dilaniarsi colpevole della sua coscienza, la ricerca della forza d'animo e della lealtà necessari a porre rimedio in qualche modo a quanto di crudele è stato compiuto.
La forza straordinaria di questo corto sta nella sconvolgente verosimiglianza del comportamento infantile. Mi viene in mente Caos calmo, con la ragazzina che pronuncia nel finale un assurdo: «Lo sai come sono crudeli i bambini!». Nel mostrare questa crudeltà, totale perché superficiale, spietata perché irriflessiva, Varde è infinitamente più sottile. Il gesto crudele viene compiuto istintivamente, in seguito ad un calcolo istantaneo dei costi e dei benefici, pensando al piccolo Stig non come ad un essere capace di soffrire o degno di essere rispettato, ma come ad una merce alienabile e sacrificabile all'idolo di un'amicizia più ambita. Ad acuire il carattere tragico di questo corto è la sproporzione dei rapporti all'interno del "triangolo" rispetto all'autenticità dell'amicizia: Stig vuole a Johan un bene incondizionato, gli è devoto e in certa misura pare dipendente da lui, al punto di subirne i torti senza ribellione e senza rancore; i due bulli concedono graziosamente a Johan una manifestazione di cameratismo e un approccio amichevole, disdegnando Stig. Johan si colloca in posizione mediana tra il massimo desideratum (la popolarità rappresentata dai due vincenti) e l'infimo grado relazionale, quello che con un'analogia religiosa definisco credente o adoratore (la devozione totale di Stig, la sua sottomissione all'oggetto del suo sentimento amichevole, senza pretesa di una mutua adorazione). 
Johan è posto evidentemente dinanzi ad una scelta di natura morale, piuttosto che sentimentale: si tratta di ricambiare (se non l'amicizia/amore, che non è oggetto di scelta) la lealtà di Stig, in qualche modo ricompensandolo, oppure di opporsi a lui in forma ostile. Stig sembra incapace, dal canto suo, di manifestare ostilità verso Johan o altri, dopo la pallonata in volto porge l'altra guancia a Johan e ai bulli accettando l'umiliazione e il pericolo di calarsi nella botola. È un piccolo Cristo, con poco scrupolo indirizzato dagli altri verso l'estremo sacrificio. Facile è allora l'identificazione dei due bulli con le autorità (insieme carnefici e pilatesche) romane e del sinedrio, mente a Johan tocca il ruolo (appunto mediano) di Pietro, per altro recitato in tutte le sue fasi, fino al fatidico canto del gallo che lo riporta alla sua colpa, commessa per un vantaggio immediato ma sleale e sproporzionato al sacrificio, al pentimento e poi alla riparazione.
Credo che l'accostamento evangelico permetta di cogliere al meglio lo spessore morale di Varde: la scelta di Johan non è semplicemente quella tra due amicizie, ma quella tra due condotte. Conseguire il bene/astenersi dal commettere il male anche se può rendere impopolari o far sfumare l'occasione di realizzare altri interessi? O piegarsi al compromesso morale, danneggiando una persona (o una causa) in nome di vantaggi immediati ma magari effimeri?
Questa che ho voluto offrire è la mia lettura di un cortometraggio bello sotto tutti i punti di vista, compreso quello tecnico, di cui non posso che consigliare la visione (ehm... lo trovate su cb01!).

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