lunedì 11 febbraio 2013

"Ahmed e le Macchine dell'Oblio" di Ray Bradbury



«Ragazzo, c'è una ragione se, rivolto lo sguardo alle stelle, sei caduto lasciando la tua impronta nella polvere e mi hai svegliato. Ho aspettato per un'eternità che tu arrivassi, io, il guardiano dei cieli, l'erede del sogno, colui che vola senza volare.»

Quando la mia acidità raggiunge il culmine, mi piace aggirarmi tra gli scaffali delle librerie riservati ai libri per bambini e ragazzini. Giusto per potermi indignare, scuotendo la testa con disapprovazione, borbottando che "quando ero piccola io, mia madre mi faceva leggere bei libri, non come questi" o che "a mia figlia non farei mai leggere una cosa come quella". Ecco, mi stavo dedicando appunto ad un giro di ricognizione tra libri effettivamente discutibili quando l'occhio mi è caduto su un nome esotico.
"Ahmed e le Macchine dell'Oblio", collezione Junior della Oscar Mondadori. Consigliato dagli undici anni in su. Autore: Ray Bradbury (e dico Ray Bradbury).

Le premesse mi sembravano promettenti. Anche perché, circondato da libri con copertine rosa e titoli sulle caccole, quel piccolo volume bianco e blu letteralmente brillava. Ho preso "Ahmed e le Macchine dell'Oblio", sissignori, e l'ho letto in un fiato per pura curiosità. E ho trovato uno dei libri più belli che abbia letto nella mia vita.

A volte la letteratura per l'infanzia riserva delle sorprese anche agli adulti. E' quello che avranno pensato in molti leggendo il meraviglioso Piccolo Principe di Saint-Exupéry, anch'esso riccamente illustrato e collocato su uno scaffale per bambini. Ecco, io mi sento di iscrivere la storia del piccolo Ahmed sulla stessa scia di quel piccolo-grandioso libro.
Questa è la storia di un bambino, Ahmed figlio di Ahmed, che cade dal cammello durante una traversata notturna del deserto e perde la carovana. Per caso (o no) scorge un viso di bronzo sotto la sabbia. Lo dissotterra, con le sue lacrime lo anima: è la statua colossale del dio Gonn-Ben-Allah, sepolto e dimenticato dagli uomini, che torna finalmente a vivere dopo millenni di morte grazie alle preghiere del bambino che lo ha trovato e, smarrito nel deserto, ha riposto fede in lui.
Ergendosi dalla sabbia, maestoso, «-Io sono!- gridò Gonn-Ben-Allah.» E poi, senza spiegazioni né promesse, la comunicazione: tu volerai.
Ray Bradbury, considerato uno dei
più grandi autori di fantascienza di tutti
i tempi, autore di oltre cinquecento
opere tra romanzi, racconti, raccolte, saggi, 
opere teatrali e per bambini.
Così Ahmed, senza sapere come, invitato a ricordare il proprio futuro più remoto, danzando su una visione incredibile del tempo, spicca il volo. Sorvola rovine, distese di dune, Macchine dell'Oblio che l'uomo da millenni cerca di costruire per realizzare la sua più grande ambizione: volare.
Ahmed scopre la divinità in sé, l'impronta del pollice del dio che fu impressa sulla sua fronte lo stesso giorno della sua nascita. In un'atmosfera onirica e da incanto, Gonn rivela anche ad Ahmed chi è stato ad ucciderlo, chi è che può condannarsi ad una vita-non-vita contemporaneamente uccidendo la divinità: «I sognatori che non sognano, i sognatori che non agiscono. Quelli nei quali il dubbio uccide il sogno. I morti viventi che vedono cieli senza uccelli, mari senza navi e strade maestre senza cavalli, senza un solo carro o una ruota.» Loro mi uccidono, si lamenta Gonn. Ahmed protesta:
«-Ma non stanno facendo niente, sono tutti addormentati.
-Il loro silenzio ottura le mie orecchie.»
"Ahmed e le Macchine dell'Oblio" è un libro estremamente denso e difficile. Dietro una prosa che si finge meramente favolistica, c'è uno spessore filosofico e poetico davvero non indifferente. L'atmosfera è di sogno, magia e mitica, sfogliare ogni pagina è un incanto, e a ogni pagina mi sono stupita della grandiosità di questo piccolo libro che sono davvero felice di avere trovato per caso.
E' un libro incredibile. Leggerlo non è tempo perso, nemmeno (anzi, tanto meno) per un adulto.

«Le tenebre immense sovrastarono Ahmed e Gonn-Ben-Allah.
-Che cos'è?- gridò Ahmed.
-Quello- disse Gonn -è il Nemico.
-Dunque una cosa del genere esiste?
-La metà di ogni cosa è il Nemico- rispose Gonn -Proprio come la metà di ogni cosa è il Salvatore, il ricordo luminoso del mezzogiorno.
-E qual è il nome del nemico?
-Oh, bambino, è Tempo, semplicemente Tempo.
-Ma, potente Gonn, il Tempo ha una forma? Non sapevo che si potesse vedere il Tempo.
-Sì, il Tempo ha forma e ombre visibili. Quello laggiù, sull'orlo del mondo, è il Tempo che sarà. Un ricordo di cose future destinate a essere cancellate e distrutte, se non lottiamo contro di esso, non lo afferriamo e non lo modelliamo con la nostra anima, non gli prestiamo la nostra voce. Allora il Tempo diventa compagno della luce, non è più nemico del sogni.»

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