domenica 14 ottobre 2012

Tracce di poesia - Wisława Szymborska


Oggigiorno la prosa è, quasi per definizione, quella forma di letteratura che ha surclassato e surclassa la poesia: lettori grandi e piccoli si affacciano allo scenario culturale attraverso la narrativa di qualsivoglia tipo. C'è chi predilige i romanzi gialli di Agatha Christie, c'è chi compra Guillaume Musso, c'è chi si lascia ammaliare dalla pubblicità di "Cinquanta sfumature di grigio".
Ma l'eccezione conferma la regola!
La lente d'ingrandimento, per questa settimana, si soffermerà sul Nobel per la letteratura del 1996: Wisława Szymborska, celebre (almeno per gli appassionati) poetessa polacca. In Polonia, i volumi di Wisława hanno raggiunto cifre di vendita in grado di competere con quelle della prosa. Un grandissimo traguardo, specie se a conquistarlo è stata una donna che ha da sempre nutrito una certa amarezza nei confronti dei consensi letterari.
In una delle sue più celebri poesie, "Ad alcuni piace la poesia", scrive:

"Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille."


Visse la sua adolescenza sotto l'occupazione tedesca: si diplomò nel 1941, seguendo dei corsi clandestini. Si iscrisse poi all'Università Jagellonica, ma non conseguì mai la laurea a causa delle scarse possibilità economiche.
Avvicinatasi all'ambiente letterario grazie al poeta e saggista Czesław Miłosz, dapprima pubblicò le sue poesie su vari giornali e periodici: riuscì a pubblicare la sua prima raccolta, "Per questo viviamo", solo nel 1952. Il regime socialista, infatti, aveva vietato la pubblicazione del volume nel 1949, nonostante la giovane Wisława fosse una sostenitrice di Stalin, Lenin e del realismo socialista. 
Pubblicò il secondo volume, "Domande poste a me stessa", nel 1954. 
A partire da quegli anni, condusse una riflessione politica che la portò, successivamente, a rinnegare il passato socialista (che definì "peccato di gioventù") e, nel 1960, a lasciare il partito. 
Dal 1957, anno di pubblicazione della sua terza raccolta "Appello allo Yeti", si dedicò a diversi giornali letterari: collaborò al settimanale di Cracovia "Vita letteraria", al giornale degli emigranti polacchi a Parigi "Kultura", al mensile "Pismo".
Negli anni 80 intensificò la sua attività di opposizione, collaborando al periodico "Arka" con uno pseudonimo e aderendo al sindacato clandestino Solidarność.
Un altro Nobel, il poeta russo esiliato in America Josif Brodskij, parlò di lei nel 1988 come di una delle grandi voci poetiche del Novecento. Da quel momento venne letta anche in Italia. 
Nel 1996 ricevette il Premio Nobel e donò il premio in denaro in beneficenza.
Nel 2005 venne pubblicata la sua ultima raccolta, dal nome "Due Punti", che ha riscorsso enorme consenso.
La poetessa, definita da La Stampa "testimone del presente", è morta proprio nel 2012 e ci ha lasciato una mole considerevole di poesie con la P maiuscola: lo stile abbraccia la semplicità, ma denuncia lo sgomento del mondo odierno. Non a caso suo grande ammiratore è il regista Ferzan Ozpetek, che mette in scena la quotidianità problematica-e-non, con un fluidità che arriva dritta allo spettatore. Bene, Wisława è proprio questo: non ha bisogno di fronzoli, paroloni. Si fa ispirare dalla nuda e chiara realtà, quella che è fatta di penombre evidenti, di gioie inaspettate, di speranze irrisolvibili.

Di seguito, uno dei più suggestivi elogi della scrittura:

 

La gioia di scrivere

Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un'acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio - anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola "bosco".

Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.

In una goccia d'inchiostro c'è una buona scorta
di cacciatori con l'occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.

Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d'occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.

C'è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?

La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d'una mano mortale.

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